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IL MESSAGGIO DEL VESCOVO MONS. GIUSEPPE MENGOLI AGLI STUDENTI PER L’INIZIO DELL’ANNO SCOLASTICO

«Ha i tratti della speranza il mese di settembre. E l’inizio del nuovo anno scolastico, che tiene in sé il desiderio di imparare, la voglia di crescere e di vivere, ne è la conferma. Una data verso la quale tutti puntano gli occhi, soprattutto quando la diffusa astenia della volontà, esautorata da quotidiane delusioni, parrebbe smorzare anche gli entusiasmi che si riaccendono al primo suono della campanella per lasciare spazio ad uno spietato cinismo.

Ma il primo giorno di scuola arriva puntuale come il momento in cui si risveglia la voglia di avere uno sguardo buono sul presente per prenderne il meglio e come l’ora in cui passato e futuro iniziano a intrecciarsi in maniera creativa.

La scuola è la comunità in cui si impara a diventare protagonisti della propria esistenza. In essa chi siede tra i banchi sveglia la curiosità, allenandola a non accontentarsi di sostare in superficie, ma ad affrontare lo sforzo di scavare costantemente nella natura, nella storia e nel mistero umano per scrutare la ragione di ciò che esiste e per trovare risposte davanti ai piccoli e ai grandi ‘perché’, che non di rado conducono alle soglie del mistero dell’amore divino.

In Dio, infatti, si trovano “tutti i tesori della sapienza e della scienza”, come ci insegna la storia di tanti cercatori della Verità, tra i quali Agostino, Edith Stein, Moscati, Frassati. Emoziona, poi, nel primo giorno di scuola, la sincronia tra i diversi istituti scolastici. Tutti puntuali. Tutti presenti. Tutti pronti per incominciare. E all’orizzonte si intravedono già nuovi e preziosi investimenti che i ragazzi e i giovani, insieme con le loro famiglie e con i docenti, si preparano a raggiungere con la costanza di quei passi che, a tutta prima, sembrano piccoli, molto piccoli e incerti, ma che, alla fine, portano a risultati sicuri e imprevedibili.

È ciò che si impara dallo Spazzino del romanzo Momo di Michael Ende. Egli rivolgendosi a quella ragazzina di origine misteriosa, le dice: «“Vedi, Momo, è così: certe volte si ha davanti una strada lunghissima. Si crede che è troppo lunga, che mai si potrà finire, uno pensa”.

            Guardò un po’ in avanti davanti a sé e poi proseguì: “E allora si comincia a fare in fretta. E ogni volta che alzi gli occhi vedi che la strada non è diventata di meno. E ti sforzi ancora di più e ti viene la paura e alla fine resti senza fiato… e non ce la fai più… e la strada sta sempre là davanti. Non è così che si deve fare”.

Pensò ancora un po’ e poi seguitò: “Non si può mai pensare alla strada tutta in una volta, tutta intera… capisci? Si deve soltanto pensare al prossimo passo, al prossimo respiro, al prossimo colpo di scopa. Sempre soltanto al gesto che viene dopo.
Allora c’è soddisfazione; questo è importante perché allora si fa bene il lavoro. Così deve essere. E di colpo uno si accorge che, passo dopo passo, ha fatto tutta la strada. Non si sa come… e non si è senza respiro. Questo è importante”
.

Con gratitudine, perciò, ringrazio la Scuola. Semplicemente perché c’è e perché c’è ancora. Non la vogliamo perfetta, poiché come ogni altra istituzione vive nelle ben note dinamiche storiche che impediscono ogni forma di idealizzazione.

La comunità scolastica degli alunni, dei docenti, del personale ausiliario continua ad essere il volto della speranza, il segno della vita e, mi piacerebbe dire anche, la prova dell’amore che, se “move il sole e l’altre stelle”, è in grado anche di muovere i passi della volontà e dell’intelligenza di coloro che ne fanno parte.

È triste, invece, quando i portoni di un edificio scolastico non si aprono più. La tristezza di un edifico chiuso impedisce l’accesso al futuro e alla speranza, quindi.

È triste constatare anche che, nonostante i portoni si spalanchino, qualcuno, scoraggiato o abbagliato da altro, decida di rimanere fuori e di non entrarvi più.

 È triste vedere, infine, i ruderi di quelli che erano edifici scolastici e che ora, in alcune parti del mondo, sono solo il segno di una distruzione che va contro ogni logica e contro l’uomo stesso, contro l’umanità intera. Sappiamo bene, infatti, che quelle ferite fanno sanguinare l’intera umanità.

La Scuola scrive la speranza ora dopo ora, giorno dopo giorno e, più che attenderla a braccia incrociate, la costruisce con lo sforzo di tutti. Questa è la sua forza. Questa la sua profezia!

Il Signore benedica questo nuovo anno scolastico!»

 

 

San Severo lì, 8 settembre 2025

Direttore Ufficio comunicazioni sociali/addetto stampa

Dott. Beniamino PASCALE

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